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Il mondo delle rugbiste (terza puntata)

Curiosita'
Postato: Wednesday March 10th @ 12:54AM CET
HomePage:http://paneegazzetta.gazzetta.it/
M. Pastonesi scrive:
Nell’intervallo di una partita, i gradoni di una tribuna si trasformano nel foyer di un teatro. Popolare. Dieci minuti per guardarsi, studiarsi, conoscersi, parlarsi, domandarsi e rispondersi, raccontarsi. Abbastanza.

Roberta Giraudo è una pioniera. Se ne sta lì, sugli spalti, a incoraggiare, esclamare, sospirare, a giocare la sua partita, e a bere. Birra.
Ha trentasette anni e occhi azzurri. Fondatrice del Petrarca, poi a Rubano, che è lì, poi a Mira, che è poco più in là. Mira è la Betlemme della squadra Riviera del Brenta, più volte campione d’Italia battendo in finale il Benetton. Non ce n’è uno, in Italia, che non apprezzi Riviera del Brenta: è la storia di Davide che abbatte Golia. Adesso Roberta è tornata a Padova, ma per il Valsugana Rugby.
Giocatore e allenatore. In campo, tallonatore e mediano di mischia, due dei cinque ruoli che fanno parte della spina dorsale di una squadra. Gli altri tre sono il numero 8, terza centro, il numero 10, apertura, e il numero 15, estremo.

Tiziana Felici, tallonatore delle Red & Blu Roma Rugby, di anni ne ha trentacinque. Lei viene dalla pallanuoto. Le altre, spiega, arrivano dall’atletica, dal calcio e dal calcetto. C’è chi ha avuto esperienze con il basket, chi con la pallavolo.
In tutto, le tesserate italiane sono circa quattrocento, in continuo aumento. Due categorie: under 16 e seniores, sapendo che le bambine possono sempre giocare con i maschietti.
Dodici squadre in due gironi per il campionato di serie A di rugby a XV, trentotto squadre ufficiali per la Coppa Italia che invece si gioca a 7.

Poi ci sono anche quelle che giocano al touch rugby, e che dunque sfuggono alle statistiche, esuberano dalle quattrocento. Il touch rugby è il rugby in cui, invece che placcarsi, basta toccarsi. Con due mani. A Milano, dove da sempre si tocca e non si placca nel riscaldamento, il touch si chiama "teghelè". Non fa capo alla Fir, la Federazione italiana rugby, ma alla Litr, sigla che non contempla alcolisti anonimi ma significa Lega italiana touch rugby.
Qui c’è posto per tutti, uomini donne e bambini, grandi e piccoli, insieme. Uno sport sociale, precisano. Tant’è che si gioca su prati, piazze e scuole. Tant’è che non è solo partita, ma anche gita, turismo e cultura. Tant’è che è nata una bella iniziativa, quella della Liberi Nantes, i navigatori liberi, in cui si coinvolgono anche squadre formate da rifugiati: i ragazzi giocano a calcio, le ragazze a touch rugby.
Il presidente della Litr ha un nome storico e leggendario: Maci. Maci Camerin. Maci come diminutivo di Massimo. Però anche Maci come Battaglini, Mario Battaglini, così grande anche quando era piccolo, che la madre disse "ma questo è un Maciste", Maci, per farlo breve, l’unica cosa breve di un omaccione grande, grosso e nel suo genere perfino buono, uno e ottantacinque per centoventi-centoventicinque, se non di più considerando quello che teneva nella giacca, che gli faceva da scrivania, comodino, banca e a volte anche frigo.

Le facce del rugby aprono il cuore, e pure la memoria. Due file sotto c’è un uomo incontrato alla Stazione Termini. Brandiva "La Gazzetta dello Sport" e protestava perché non trovava neanche una macchinetta funzionante per timbrare il biglietto del treno. Già giudicato eroico come lettore del nostro giornale, mi è sembrato addirittura mitico nella volontà di compiere il suo dovere di passeggero. Qui, a Colleferro, ha la faccia di uno che, finalmente, se la gode.

(fine terza puntata - continua)

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