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Una gita da mediano
di Matteo Mazzantini

Ne placcavi uno, ne arrivavano tre...

Melbourne, 11 ottobre 2003

La partita con gli All Blacks è stata la più lunga del mondo.
E' cominciata ieri sera, quando Carlo Checchinato, il capitano, ci ha fatto il suo discorso. I discorsi dei capitani servono a tirarti fuori tutto, lacrime comprese. Stavolta, invece, è stato lui a piangere, forse perché noi sapevamo già cosa dovevamo fare.
Io, questa partita, l'aspettavo da una vita. Avevo già giocato contro i tuttineri, ma era una tournée, due anni fa. Il Mondiale è tutt'un altro brivido.
Poi siamo andati a letto, io e Cocco Mazzariol: ognuno nel suo, sia chiaro. Ho raccomandato l'anima alla Madonna di Montenero e lei è riuscita a farmi dormire tranquillo. La Madonna di Montenero, per noi livornesi, è speciale: aiuta tutti, credenti, praticanti e anche quelli che, come me, la disturbano il meno possibile.
La mattina ho saltato la colazione, sperando che mi venisse fame per il pranzo, invece alle 11 avevo lo stomaco chiuso a chiave, ho mandato giù pasta scotta, pane e patate a forza di acqua. "Dovete bere tanta acqua", si raccomanda Pascal Valentini, il nostro preparatore atletico. Ma a forza di bere acqua andavo in bagno ogni 10 minuti. L'ultima sosta, la più lunga, subito prima della partita.
In campo la haka.
Ho guardato negli occhi il mio diretto avversario, Justin Marshall, e nessuno dei due ha abbassato lo sguardo. Poi via. Volevo chiedere all'arbitro di contarli: ne placcavi uno, e ce n'erano altri tre che ti venivano addosso. Essendo loro in 45, è finita 70-7. Solo così si spiega come mai noi, che pure abbiamo sputato sangue, dato l'anima e spremuto ogni energia, alla fine siamo quasi soddisfatti della nostra prestazione.
A me, un po', mi rode dentro, perché ci siamo fatti un culo enorme e quelli, ogni minimo errore, te lo puniscono senza pietà. Sono uscito a metà del secondo tempo: un po' lo sapevo, un po' lo temevo, un po' ci sono rimasto male, perché avevamo fatto un patto - "non mollare mai" - e volevo tenere duro fino alla fine.
Kirwan ci ha detto tre cose: la prima è "avete mostrato un bello spirito", la seconda "loro sono più forti", la terza "adesso si comincia davvero".
Adesso, però, ho la maglia di Marshall, un po' di magone perché speravo in qualcosa di meglio, poi dolori a polpaccio, mano, costola e soprattutto collo, anche se c'è chi sta peggio di me, come Carlo Festuccia, che ha la saracinesca abbassata sull'occhio destro.
E forse la partita con gli All Blacks non è ancora finita se, come credo, stanotte me li sognerò.


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